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“La scommessa è un mezzo per dare agli eventi il carattere dello choc e staccarli dai contesti dell’esperienza.”
(Walter Benjamin, “Parigi capitale del XIX secolo”)

Il gioco d’azzardo, nel tempo, ha assunto forme sempre più significative portando con se il rischio di rendere le persone dipendenti nonostante sia fonte di piacere e faccia parte della cultura popolare. Affronteremo l’evoluzione e la storia del gioco d’azzardo, alcuni rimandi alla legislazione italiana, le implicazioni psicosociali che questo fenomeno comporta, testimonianze di giocatori e racconti di persone coinvolte direttamente e non.

Evoluzione del gioco d’azzardo

Il gioco è sempre esistito fin dagli inizi dell’umanità ma, per ogni epoca storica, sono stati attribuiti una visione e un valore diversi. Basti pensare che i primi dadi risalgono al 5000 a.c. e venivano usati principalmente per interpretare il volere degli dei. La forte inclinazione al gioco si diffuse anche tra i Greci(1) e i Romani: nell’antica Roma, in particolare, era proibito per motivi di ordine pubblico tuttavia ci si trovava di sera, in bische, dove si puntavano forti somme di denaro. Mentre il gioco d’azzardo era proibito, le scommesse sulle corse delle bighe e sui combattimenti di gladiatori erano permesse. Con il Cristianesimo, l’incanto del mondo dei giochi sembrò svanire: era considerato come lo strumento del diavolo, quindi, come male da estirpare. Nel corso dei secoli, però, anche se ci furono dei tentativi di impedirlo, il gioco divenne sempre più diffuso grazie alla continua creazione di nuovi modi per giocare: carte da gioco (in Cina nel  1100 d.c. ), corse per cavalli (in Gran Bretagna nel 1300 d.c.), gioco del lotto (in Italia nel 1500 d.c.), lotterie (in Gran Bretagna nel 1600), roulette(2) e slot machine (nel 1800). In età moderna, con l’avvento delle nuove tecnologie, il gioco d’azzardo crebbe inesorabilmente e, intorno agli anni 30 del ’900, si è avuta l’ascesa dei casinò, nati verso la fine del ‘600 in Italia. Nel corso degli anni i casinò divennero luoghi pubblici di svago e intrattenimento consentendone l’accettazione e facendone assumere ruoli sociali sempre più importanti. Grazie alla rete, dal 2000 iniziarono a comparire numerosi portali di gioco online, perdendo sempre più l’aspetto sociale: si passa dal giocare assieme ad un aspetto sempre più indipendente e autonomo dando, però, vita a nuove forme di socializzazione e aggregazione: nascono, infatti, forum e chat in cui i giocatori si scambiano idee, opinioni e strategie.

Legislazione Italiana
Sul fenomeno del gioco d’azzardo ci sono stati molti interventi legislativi, da parte del Parlamento, sulla tutela dell’ordine e sicurezza pubblica per contrastare il crimine organizzato e salvaguardare minori e soggetti più deboli.
Di seguito proponiamo un link utile alla comprensione della Legislazione Italiana ed Europea.
http://www.avvisopubblico.it/home/documentazione/gioco-dazzardo/sintesi-della-normativa-in-materia-di-gioco-dazzardo-e-ludopatia/

Aspetti Psicosociali del GAP

Molti di noi sono persuasi di vivere da uomini liberi: libertà di comprare cose, di possedere beni, di tentare la sorte, sollecitati dalla disponibilità illimitata di stimoli e dagli innumerevoli “inviti” mass-mediatici.
La società dà all’essere umano l’illusione di riuscire a sostenersi da solo, facendogli credere di non avere bisogno dell’Altro, ed aggravando paradossalmente il suo stato di dipendenza. Una società fondata sul consumismo induce a ricercare (e quindi acquistare) emozioni, sensazioni, stati d’animo; in altre parole, ad esprimere agli altri la propria identità tramite ciò che si acquista.
In una società consumistica, non possiamo che essere grandi consumatori: si consuma per avere, si consuma per essere, si consuma per consumare in una dimensione ricorsiva e compulsiva. Si comprano oggetti performativi, si comprano effetti (reali o presunti).
I beni materiali giocano un ruolo molto potente per ognuno di noi, e si tende sempre più ad usare gli oggetti del mercato (legale o no che sia) tentando di regolare l’umore, di guadagnare uno status sociale, di esprimere agli altri, più o meno onestamente, la nostra identità, rappresentata da un involucro accattivante, aspirando ad un Sé, tanto ideale quanto internamente irraggiungibile.
Ovviamente la nostra, per essere società dei consumi, dev’essere anche società che in primis induce desideri. Trattasi di desideri che aspirano a consumare, che chiedono urgentemente di essere soddisfatti, che non contemplano l’attesa.Peccato che la soddisfazione del desiderio sia virtuale sia allucinatoria, non è mai reale e mai paga.

“Gioco d’azzardo patologico” è il termine utilizzato nel lessico medico e clinico per tradurre il corrispettivo inglese Pathological Gambling con il quale ci si riferisce all’incapacità di resistere all’impulso di giocare d’azzardo o fare scommesse puntando e perdendo denaro.

Nei giochi d’azzardo e, soprattutto, in quelli che non contemplano l’agire dell’individuo, il giocatore patologico non considera quasi mai il fattore matematico credendo che i precedenti risultati possano influenzare i successivi, affidandosi a calcoli improbabili,  convinzioni proprie o semplici superstizioni.

gioco azzardo 3

Le tipologie di gioco per Caillois*

II gioco come attitudine naturale, ma anche nelle sue forme più strutturate e finalizzate, rispecchia i complessi meccanismi mediante i quali le società elaborano e trasmettono i propri modi di organizzare il mondo. Attività al tempo stesso libera e vincolata, creativa e ripetitiva, il gioco ha infatti accompagnato la civiltà umana, arricchendosi via via di significati simbolici e rituali. Ricomponendo sotto il segno del “gioco” osservazioni sparse di etologi e pedagogisti, filosofi e etnologi, letterati e teatranti, Caillois sottolinea così una possibile differenziazione delle pratiche ludiche, riconducendole tutte a quattro modalità fondamentali: la competizione (agon), la sorte (alea), la maschera (mimicry), la vertigine (ilinx). Queste coordinate si combinerebbero di volta in volta tra loro, determinando le due facce, opposte e complementari, del gioco: il ludus, inteso come scaltrezza, calcolo, abilità e pazienza; la paidia, percepita invece come turbolenza, improvvisazione, scarto ed ebbrezza. Un affascinante esempio di curiosità intellettuale. Un classico dell’antropologia umana.

  • Agon (competizione/merito)
  • Alea (caso)
  • Mimicry (travestimento)
  • Ilinx (disorientamento)

Nei giochi di ALEA, nei quali rientra il Gioco d’Azzardo, l’individuo è passivo, si abbandona al Destino, crede nel Fato, nella Sorte, nella dea Fortuna. Tale tipologia di giochi, risulta essere un’attività piacevole e routinaria ma possibile terreno fertile all’abdicare dell’agire, al mettere a rischio le proprie risorse personali, credendo che prima o poi si vincerà e si verrà magicamente premiati con poco sforzo.

Secondo Caillois, la grande funzione sociale dei giochi d’azzardo legalizzati o tollerati in tutte le civiltà umane che si strutturano intorno al binomio agon-alea, è quella di consentire democraticamente a chiunque, al di là del valore personale, dell’impegno, della perseveranza, l’opportunità di cambiare in un colpo solo la propria vita. Si obbietterà che le probabilità che ciò avvenga sono infinitesimali e diminuiscono quanto più si alza la posta; ma qui si parla di speranza, di desideri di gioco, le cui attrattive non risiedono certo nella plausibilità o meno di quello che si spera, desidera, o gioca.

La nostra società si ispirerebbe ai valori dell’agon-alea, del merito e del caso. Dunque agon e alea sono simmetrici e opposti: condividono il rispetto della regola e l’aspirazione all’uguaglianza (tutti hanno le stesse opportunità di vincere); ma si ispirano a valori contrapposti, competizione e lavoro da una parte, passiva accettazione della sorte dall’altra. Com’è evidente, considerando che entrambe (duro lavoro/competizione e dedizione nei confronti della sorte) non potrebbero guidare l’agire umano, nella nostra società ha prevalso lo spirito di competizione: i traguardi raggiunti grazie alle risorse personali in una sana competizione che assicuri a tutti il godimento di pari opportunità, godono della massima considerazione e alimentano l’ideale democratico.

Alea, seppur bandita in maniera formale, ritornerebbe a correggere l’ingiustizia di un’equità compromessa in partenza da una ineguale distribuzione di mezzi e risorse.

La Dimensione del Tempo

La dimensione in cui si colloca il giocatore d’azzardo è l’istante.

“Non esiste né passato né futuro, il tempo ridotto alla partita, alla scommessa ed alla mossa in corso, è costretto all’immobilità, sospeso nel presente e limitato nell’infinito… i parametri spaziali e temporali non superano le frontiere del qui e ora… per il giocatore le notti si confondono nei giorni e le ore svaniscono nei minuti..” (Russo, Tosoni, 2002)

Il giocatore è come se aspirasse ad elevarsi aldilà e al di sopra del tempo.

Scoppola scrive: “la sensazione che vive chi gioca, è di perdersi in uno spazio senza confine e senza tempo, spesso accompagnato da un dolore impensabile o al contrario una condizione di ripetibilità circolare continua del sintomo senza alcuna connotazione affettiva”.

Letteratura

Gioco all’alba, 1927, Arthur Schnitzler

In sintesi:

Lungo racconto, amaro e perfetto, Gioco all’alba (1927) narra la vicenda di una creatura peculiarmente schnitzleriana: Willi, un ufficiale snello, piacente, leggero, che ama la vita e le donne, purché non esigano troppo da lui. Le amanti, il gioco, i colleghi, gli spettacoli, i soldi, le uniformi si alternano nella sua mente in una tenue ma costante fantasticheria, che aggira accortamente gli ostacoli del reale. Ma c’è un momento in cui il destino, come risvegliandosi da una ingannevole sonnolenza, comincia a stringere anche per lui i suoi nodi: da quel momento le ore di Willi precipitano verso un’alba livida e irreparabile. Una lunga partita a carte, con i suoi precedenti e le sue conseguenze, basta qui ad assumere i tratti antichi della fatalità. Le sorti ruotano, le parti si rovesciano, i fatti vorticano intorno al protagonista. Con un magistrale colpo di scena, quando la stretta è già divenuta soffocante, Schnitzler fa balenare, accanto al denaro, l’amore, l’uno nello specchio dell’altro. E la reciprocità erotica svela qui il suo volto segreto: quello della più sottile crudeltà. Come in Doppio sogno e Fuga nelle tenebre, che appartengono allo stesso giro di anni, Schnitzler compendia in queste pagine, infallibilmente scandite, tutta la sapienza della sua arte.

Il Giocatore, 1866, Fëdor Dostoevskij

In sintesi:

Aleksej Ivanovic è il precettore della famiglia di un generale russo che si riunisce a Roulettenburg, per attendere il momento in cui l’eredità della zia dello stesso generale, Antonida Vassìlevna Tarassevìceva, in procinto di morire, sarebbe stata spartita tra i diversi componenti. Tra questi sono presenti Madamoiselle Blanche, affascinante donna francese promessa al generale, sua madre, i due figli del generale, ai quali fa da precettore Aleksej. Inoltre è presente anche l’inglese Mr. Astley, innamorato della figliastra del generale Polina Aleksàndrovna, che a sua volta nutre un profondo amore per il francese De-Grieux. Sono tutti amori non corrisposti, come anche quello di Aleksej per la medesima Polina, per la quale è pronto anche a dichiararsi schiavo, a giocare alla roulette per lei, perdendole però i soldi, e a importunare persino il barone Wurmerhelm: azione, quest’ultima, che gli causa l’allontanamento dalla famiglia da parte del generale. Tutti attendono ancora il telegramma che avrebbe annunciato la morte dell’anziana russa, quando lei stessa sulla sedia a rotelle li raggiunge a Roulettemburg, guarita improvvisamente. Dichiara il suo astio verso il generale e, spinta dalla curiosità, va a visitare il Casinò accompagnata da Aleksej, con il quale comincia a giocare, appassionandosi sempre di più. La fortuna in un primo momento la assiste, facendole guadagnare una grossa somma che però perde sempre giocando nei giorni successivi; accortasi di ciò, ritorna in patria senza più un soldo. Dopo averla salutata, Aleksej trova Polina nella sua stanza; i due hanno una lunga conversazione e, appena l’ex precettore capisce che lo preferisce al francese De-Grieux, corre alla roulette e vince una grossa somma che riporta a Polina. Questa però non li accetta e, dopo aver passato la notte con lui, scappa a rifugiarsi da Mr. Astley. Rimasto solo, Aleksej viene attratto dalle moine di Blanche che lo convince a scappare con lei e sua madre a Parigi dove vivono una vita lussuosa, spendendo tutti i soldi della vincita in poco più di tre settimane. Dopo che Blanche sposa il generale, ammattito, che l’aveva raggiunta a Parigi, Aleksej si ritrova ancora solo e inizia un viaggio da una roulette all’altra, perdendo tutti i suoi soldi e riducendosi in pessime condizioni economiche. Benché Mr. Astley cerchi di farlo rinsavire dandogli anche notizie su Polina e sul suo costante amore verso di lui, usa i soldi che l’amico gli dà per proseguire la sua strada rimandando ad un ipotetico “domani” un cambiamento che non avverrà mai.

Una notte niente male  Charles Bukowski

In sintesi :

“Una notte niente male” è una raccolta di poesie postume che spaziano su varie tematiche sociali e psicologiche e che riflettono perfettamente la sua innata natura selvaggia, ribelle e dannata. Le sue parole, per la società bigotta e ben pensante, sono come lame affilate che graffiano le coscienze e urtano la sensibilità. Queste sue poesie sono come lampi in una notte d’estate, perché sono una critica ironica ma spietata, verso tutto e tutti, scandita da pungenti riflessioni sul mondo e sui mali che lo affliggono. Ormai rassegnato nella propria condizione di alcolizzato e maniaco del gioco d’azzardo, Bukowski dalle sue strofe esprime il proprio malessere e quello della società. Grazie alla sua arguta scrittura, rappresenta a proprio modo, il cinismo e lo squallore di una società sempre più in declino, l’egoismo della gente e l’ipocrisia che ne governa le azioni, poi ironizza anche sulla morte e va contro il conformismo americano. Ma nonostante tutto, in alcuni suoi versi, trapela addirittura un insolito romanticismo e una pallidissima vena di amara nostalgia, verso qualcosa di indefinibile.

La bottega dell’antiquario 1840 Charles Dikens

In sintesi:

Ridotti in miseria dallo spaventoso e malvagio nano Quilp (il quale annega poi nelle acque del fiume Tamigi verso la fine del libro), dal suo debole avvocato Sansone Brass e dall’energica sorella di quest’ultimo, Sarah, un vecchio antiquario e la giovane e angelica nipote Nell lasciano la loro bottega d’antiquariato e fuggono, peregrinando per tutta Londra e dintorni. Nel corso del racconto i due incontrano vari e peculiari personaggi, come dei burattinai, un bravo e dolce Maestro, l’ambiziosa proprietaria di un museo di cere, che si fa chiamare “Marchesa”, presso la quale i due lavorano e alloggiano temporaneamente, un ammaestratore di cani e un operaio che parla col fuoco della sua fucina, e dopo varie peripezie e difficoltà (ad esempio, con gran dolore e ansia di Nell, s’impadronisce del vecchio una vera e propria smania per il gioco d’azzardo) giungono in una tranquilla e verde cittadina, dove si fermano, essendosi un anziano signore (indicato come “Professore”) preso cura di loro in vari modi, fra i quali l’affidamento di una bella abitazione. Tutto sembra andare per il meglio, ma Nell è malinconica e inizia a recarsi assiduamente al curato cimitero del villaggio, che sembra essere l’unico luogo dove si trova a suo agio, e dove di lì a poco morirà, facendo quasi impazzire il nonno dal dolore.

I 10 miglori film sul gioco d’azzardo

Sidney hard eight (di Paul Thomas Anderson, 1996)

Prima di ottenere un grande successo sia da parte della critica che di pubblico nel 1997, con la pellicola Boogie Nights, il celebre regista di Hollywood Paul Thomas Anderson aveva debuttato con Hard Eight (1996), film drammatico che ha come protagonista un giocatore d’azzardo professionista, John (interpretato da C. Reilly), con un disperato bisogno di racimolare seimila dollari per pagare il funerale della madre. Sarà Sidney (Baker Hall), a portarlo a Las Vegas insegnandogli alcuni trucchetti che gli faranno vincere un sacco di quattrini al casinò. Il regista, ancora esordiente, è riuscito a organizzare un cast spettacolare tra cui spiccano le figure di Samuel L. Jackson e del tristemente scomparso Philip Seymour Hoffman.

La doppia vita di Mahowny (di Richard Kwietniowski, 2003)

Tratto da un fatto realmente accaduto, è incentrato sulla storia di un direttore di banca di Toronto con il vizio del gioco. E’ la storia della più grande frode bancaria avvenuta in Canada. La caduta del protagonista nel tunnel della dipendenza, può aiutarci a riflettere poiché presenta elementi di grande attualità. Il regista, Richard Kwietniowski, da molto spazio al sentimento umano e durante tutto il film traspare la sofferenza del protagonista e la sua impotenza nel sottrarsi al gioco. E’ un film poco esaltante, ma lascerà sicuramente qualcosa a chi lo vedrà.

Il colpo analisi di una rapina (di Mike Hodges, 1998)

Jack Manfred (Owen), è un aspirante scrittore che non riesce a sfondare e così, per sbarcare il lunario, inizia a lavorare come croupier in un casinò di Londra. Il nuovo lavoro riesce a dargli una marcia in più e gli fornisce l’ispirazione per scrivere una storia di successo. Successivamente, però, si ritrova immischiato in una storia di intrighi che lo vedono coinvolto in un losco affare che turba la sua vita. Il film usa abilmente i tavoli del blackjack come metafora per la natura del destino, il caso e la coincidenza nella definizione della vita.

The gambler – 40.000 dollari per non morire – (di Karel Reisz, 1974)

E’ un film del 1974 di Karel Reisz, in cui James Caan, interpreta Axel Freed, un professore di letteratura inglese con problemi di gioco, che si indebita fino al collo con la mafia, 44 mila dollari, e per uscirne cerca di recuperare i soldi scommettendo a Las Vegas. Il film è stato uno dei preferiti di Caan il quale ha anche dichiarato: “Non è facile interpretare una persona che ruba a sua madre per pagarsi i debiti di gioco”.

Paura e delirio a Las Vegas (di Terry Gilliam, 1998)

Una decappottabile rosso scuro, un giornalista, Raoul Duke (Johnny Depp) e il suo avvocato, Gonzo, in un viaggio psichedelico alla conquista di Las Vegas, con un bagaglio pieno di sostanze di ogni genere e bevande da “far girare la testa” a chiunque. Film delirante, ci mostra una Sin City, immersa in un paesaggio onirico e surreale descritto attraverso gli occhi “sballati” del protagonista. Se vi piacciono questo genere di cose, “buttate giù una pastiglia”, e immergetevi nella sua visione.

Cincinnati kid (di Norman Jewison, 1965)

Torniamo molto indietro nel tempo. Pellicola del 1965, racconta la storia di un giovane campione, (Steeve McQueen), che sbanca ai tavoli di gioco di New Orleans. Fino al giorno in cui deve sfidare l’uomo considerato l’asso del poker e da qui partono scommesse di varia portata. Kid, molto più inesperto e incapace di dimenticare la sua vita privata, finisce però col perdere. Norman Jewison, il regista, ha considerato questo film come il suo “brutto anatroccolo”. Ma nelle opinioni dei più, rimane la sua “magnum opus”.

Rain man – l’uomo della pioggia – (di Barry Levinson, 1988)

E’ uno dei film sul gioco più amati e brillanti che vanta l’Orso d’oro al Festival internazionale del cinema di Berlino. Un genio della matematica, autistico, (Dustin Hoffmann),che vince ragguardevoli somme al tavolo verde. Le scene, nei casinò di Las Vegas sono veramente straordinarie quanto l’incredibile abilità del protagonista con i numeri. Il film apre che apre una parentesi (a Las Vegas) sulla celebre strategia del “conteggio delle carte” del Blackjack.

Casino Royale (di Martin Campbell, 2006)

Ciò che vi rimarrà impresso, dopo aver visto Casino Royale, è il torneo high-stakes poker assolutamente impressionante, durante il quale Bond batte il banchiere terrorista Le Chiffre. L’agente segreto James Bond, affronta il suo nemico su più fronti tra cui, appunto, una partita a poker. La scena è contornata da un’aurea di adrenalina, suspence, tensione. E’ uno dei film in cui emerge il connubio perfetto tra azione e azzardo.

Rounders  (di John Dahl, 1998)

E’ il più amato dagli appassionati di poker all’americana. Protagonista del film uno studente di legge, Mike McDermott, interpretato da Matt Damon che perde 25.000$ in quella che dovrebbe considerarsi l’ultima mano di poker della sua vita. Worm (Edward Norton), amico d’infanzia di Mike, uscito di prigione, corre in suo aiuto e insieme decidono di rivincere i soldi e di pagare i debiti contratti da Mike. Dovranno vedersela con lo squilibrato gangstar, Teddy KGB, interpretato magistralmente da John Malkovich. La pellicola mette in risalto il rapporto teso tra i casinò di Las Vegas e dei loro benefattori criminali nei primi anni 1970 ed ogni aspetto di questo film è brillantemente realizzato. Il casting, la regia e la sceneggiatura sono tutti perfetti.

Casinò (di Martin Scorsese, 1995)

Vero e proprio must per chi ama il cinema e il gioco d’azzardo. Martin Scorsese presenta un cast d’eccellenza: Robert DeNiro, Sharon Stone, Joe Pesci, James Wood in un film in cui mafia e denaro s’intrecciano abilmente descrivendo le due facce della medaglia di una Las Vegas glamour, scintillante e entusiasmante con i suoi ricchi scommettitori, cameriere e uomini elegantemente vestiti e una faccia violenta e brutale, che include avidi personaggi che non ci pensano due volte a mettere mano alle armi. Il denaro scorre a fiumi nella mecca dei Casinò e la malavita appare invincibile.

*Roger Caillois è stato uno scrittore, sociologo e critico letterario francese. Il saggio a cui si fa riferimento in questo articolo è “I giochi e gli uomini: la maschera e la vertigine” pubblicato nel 1958.

Articolo a cura dei tirocinanti universitari di Area 15

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Gabriella
Gabriella
5 anni fa

Argomento ben sviluppato nei suoi vari aspetti